IL CROCIFISSO

 

Il 10 Aprile 2013, poco dopo l'approntamento della Chiesa provvisoria nel cortile della canonica, il miracoloso Crocifisso e' stato spostato in forma privata dal museo MAGI alla cappella feriale in canonica, con entrata dalla piazza (porta di fronte al campanile).

 

Il Crocifisso nella cappellina feriale

(Foto di Giuseppe Taddia)

 


 

Il Crocifisso al Museo Magi

(Foto di Giuseppe Taddia)

 

 

Lunedì 25 Giugno 2012

il crocifisso è stato portato in processione dalla collegiata, danneggiata dal terremoto, al museo MAGI,

 

 

Video sul trasferimento del Crocifisso

al museo Magi il 25 Giugno 2012.

Servizio di Dodici Porte del 28 Giugno 2012

 

Lunedì 25 Giugno 2012, il Crocifisso in processione arriva al museo MAGI,

portato a spalla dalla Compagnia del Santissimo e da alcuni volontari
(Foto di Mario Cacchione)


Il trasferimento dalla collegiata danneggiata dal terremoto al museo MAGI.

 


Video "IL CROCIFISSO DI PIEVE"


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presentato da Don Gianluca Busi e realizzato da 12 PORTE, settimanale televisivo di cultura e informazione religiosa trasmesso da «È-Tv» (Rete7), a cura dei servizi televisivi della diocesi di Bologna. Si tratta di un servizio progettato nell'ambito del progetto "Arte e fede": la riscoperta e la valorizzazione del nostro patrimonio artistico, per l'annuncio di fede.

 

 


 

IL CROCIFISSO DI PIEVE DI CENTO: STORIA, TRADIZIONE E DEVOZIONE

 


 

LA STORIA
 

L'immagine del Crocifisso di Pieve proviene dall'ambito della Confraternita medievale di Santa Maria dei Battuti, sorta a Pieve di Cento, come in tanti altri borghi e città, nel XIV/XV secolo, ad opera dei movimenti laicali flagellanti, per ravvivare il sentimento religioso turbato dalle calamità di quei secoli: le carestie, le pestilenze, le guerre, le eresie e le divisioni della Chiesa (Scisma d'Occidente). Entro questa Compagnia si associavano le persone, per lo più benestanti, che aspiravano a migliorare la propria religiosità con la carità cristiana verso i poveri, fornendo al Paese opere di pubblica utilità.

 

I Confratelli reggevano a loro spese l' "Ospitale dei pellegrini e degli infermi", che accoglieva i forestieri di passaggio diretti alle mete di pellegrinaggio (in Italia, Europa e Palestina) ed assisteva gli ammalati indigenti del territorio.

La Compagnia di S. Maria pagava pure le spese per mantenere i frati predicatori, francescani e domenicani, chiamati dal Comune di Pieve, perché tenessero quaresimali e cicli di predicazioni al popolo pievese, per migliorare la religiosità e la moralità pubblica.

 

Oltre alle predicazioni, per influire sul sentimento religioso popolare, i frati curarono anche a Pieve l'allestimento delle sacre rappresentazioni della Passione, in chiesa o sul sagrato, per le quali la Compagnia di Santa Maria forniva tutto il materiale necessario: il palco di legno, gli abiti per chi recitava e per le comparse e le immagini sacre da esporre, come i crocifissi grandi o le immagini fatte di "straccio" per rappresentare la scena della Deposizione dalla Croce.

 

Non sono pervenuti documenti certi sull'origine del Crocifisso di Pieve, ma il tipo di scultura della testa, che è lavorata in modo più artistico rispetto al tronco, richiama i moduli dell'arte gotica di fine Trecento.

Le scanalature simmetriche presenti nei capelli, nella barba e nei due boccoli tòrtili ai lati del viso formano una cornice raffinata all'espressione realistica del Cristo in agonia, con la bocca semiaperta, le narici dilatate e le palpebre socchiuse.

Il corpo, invece, si presenta rigido, con costole marcate e gambe più corte rispetto alle proporzioni reali; i piedi sono confitti alla croce con un solo chiodo.

Sicuramente questo grande Crocifisso, nel Medioevo, veniva esposto durante i quaresimali e le sacre rappresentazioni, per indurre il popolo alla penitenza e alla conversione. Per queste occasioni, l'immagine del Crocifisso era ogni volta trasportata dalla chiesetta della Confraternita di S. Maria, nell'edificio sul lato nord del Voltone, alla Chiesa Collegiata, per poi essere riportata nella sua sede.

Col tempo però, il Cristo venne lasciato stabilmente presso la Collegiata, dove forse, il 6 febbraio 1511, fu visitato da Papa Giulio Il, di passaggio a Pieve, mentre si recava verso Bologna. Il 26 novembre 1598, un altro Papa, Clemente VIII, venerò l'immagine del Crocifisso, durante il suo viaggio a Ferrara, per riprendere possesso del Ducato Estense devoluto alla Chiesa, dopo la morte di Alfoso Il senza eredi diretti. Nel 1603, il Crocifisso, che fino ad allora era stato tenuto in sagrestia, fu collocato in Collegiata, appeso alla parete interna della facciata, sopra la porta d'ingresso. Nel 1643 fu edificata la cappella del Crocifisso nella chiesa, già cadente, a sinistra dell'altare maggiore; alla ricostruzione dell'edificio della Collegiata (1702 - 1710), l'altare del Crocifisso fu mantenuto nella stessa collocazione.

Dal Seicento, per intervento dei Parroci e dei canonici della Collegiata, si è sviluppata la devozione al Miracoloso Crocifisso di Pieve, non solo da parte dei Pievesi, ma anche di molti pellegrini provenienti dal Centese, dal Bolognese, Ferrarese e Modenese.

L'aureola posta sul capo del Crocifisso porta la data del 1740.

Nel 1850, sostenuta dai sacerdoti e del Parroco di Pieve, sorse la Compagnia del Crocifisso, che procurò a sue spese il piedistallo di legno dorato per il trasporto della sacra immagine nelle processioni, eseguito dal centese Luigi Manderioli su disegno di Giuseppe Cuccoli. Nel 1860 al piedistallo furono aggiunti due angeli, opera di Giovanni Filicori di Cento. La Compagnia del Crocifisso raccolse i fondi per la completa ricostruzione dell'altare in forma sontuosa, fra il 1868 e il 1869, ad opera dell'artista bolognese Girolamo Marzocchi, con statue e figure in rilievo di Federico Monti. La cappella fu decorata con tre figure a tempera di Alessandro Guardassoni, con ornati di Luigi Samoggia. Nel 1879, sempre per conferire decoro al Santuario, venne completata la decorazione della Collegiata, con la "Gloria" nel catino dell'abside, i "Quattro Santi Protettori" nei pennacchi della cupola e la "Fede" nella cappella del SS. Sacramento (ora altare dell'«Assunta», di Lavinia Fontana), ad opera di Alessandro Guardassoni e altri ornati di Giovanni Battista Baldi. Il Santuario del Crocifisso fu meta di importanti pellegrinaggi diocesani nel 1873 e nel 1890, alla pari della Madonna di S. Luca e della Madonna di Bocca di Rio. Nel corso dell'Ottocento, i parroci di Pieve e la Compagnia del Crocifisso consolidarono la pratica delle feste in onore del Crocifisso, dette "Ventennali" per la loro cadenza al termine di ogni ventennio, in concomitanza con la distribuzione dei Capi della Partecipanza Agraria. Lo stesso è avvenuto nel Novecento, con l'impegno dei parroci: mons. Alfonso Maria Terzi, mons. Celso Venturi e mons. Antonio Mascagni.

 

Nell'anno santo del 2000 il Santuario del Crocifisso di Pieve di Cento è stato inserito nell'itinerario penitenziale diocesano (insieme con le basiliche di S. Domenico e S. Francesco, a Bologna, e con il santuario del Santissimo Crocifisso di Castel S. Pietro Terme), quindi rappresenta una delle mete di pellegrinaggio da visitare prima di accedere per l'indulgenza alla cattedrale di S. Pietro a Bologna, unica chiesa giubilare della Diocesi.

 


 

LA TRADIZIONE

 

Alcune leggende sul Crocifisso di Pieve sono giunte oralmente fino alla seconda metà del Novecento.

Padre Edmondo Cavicchi I.M.C. (1913 - 1982) missionario della Consolata e storico del Centopievese, ne ha trascritto le principali versioni nel volume "Il Cristo di Pieve nella tradizione e nella storia del Centopievese" (Pieve di Cento - 1972); tali versioni riguardano il ritrovamento della testa del Cristo in una casa di Pieve ed il tentativo, fallito, di trasferire l'immagine a Cento.

 

RITROVAMENTO:

In epoca molto antica, un pellegrino chiese ospitalità, una sera, alla famiglia pievese dei Guidicini. La padrona di casa lo fece salire in soffitta dove gli preparò da dormire e gli offrì un lume per rischiarare il buio della notte. La mattina seguente, una vicina di casa vide una luce forte provenire dalla soffitta e temendo un incendio, bussò per avvisare i Guidicini del pericolo. La signora, che aveva alloggiato il pellegrino volle salire con lei per accertarsi che all'ospite non fosse successo nulla. Il pellegrino non c'era più e in soffitta le due donne trovarono la testa del Cristo illuminata da due torce accese. Una variante racconta che la signora Guidicini, la mattina non vedendo scendere il pellegrino che aveva ospitato nella notte, mandò la serva in soffitta per vedere che non gli fosse successo qualcosa. La donna ritornò molto turbata dalla sua padrona e quando entrambe salirono nella soffitta il pellegrino era scomparso e sopra alla tavola c'era la testa del Crocifisso fra quattro torce accese. Una terza variante dice che nella notte la casa dov'era ospitato il pellegrino fu distrutta da un incendio e, spente le fiamme, fu ritrovata la testa del Cristo miracolosamente intatta. Dopo il miracoloso ritrovamento della testa, il Crocifisso fu completato con il corpo e con la croce, portato in chiesa e venerato devotamente.

 

TRASFERIMENTO:

Una leggenda racconta che ci fu un tentativo dei Centesi di trasferire il Crocifisso nel loro borgo, su un carro tirato da buoi. Giunti presso il ponte (sul fosso che segnava il confine tra Pieve é Cento, non sul Reno, che prima del 1460, scorreva a ovest di Cento), gli animali si fermarono, né si riuscì a farli proseguire in alcun modo. I Centesi, colpiti dal prodigio, riportarono il Cristo nella sua chiesa, o, secondo una variante, lasciarono che i buoi, di loro iniziativa, ritornassero con /'immagine a Pieve. Una terza variante dice che il Crocifisso, portato fin presso il ponte, si alzò da solo dal carro e con tre salti ritornò a Pieve: col primo, balzò fino a Porta Cento, col secondo fino a Piazza del Pozzo delle Catene e con il terzo ritornò al suo posto in chiesa.

 

Le leggende, anche se non precisano date e autori del Crocifisso, ne chiariscono di fatto l'origine medievale, perché lo presentano come "Pellegrino", rievocando la realtà degli "ospitali" delle Confraternite laicali, che ospitavano i pellegrini in viaggio verso Roma, la Terra Santa e gli altri luoghi di pellegrinaggio.

E' dimostrata dalle leggende anche l'importanza che i Pievesi hanno riconosciuto al Crocifisso come segno distintivo della loro Comunità rispetto a Cento, dopo la divisione politica e religiosa dei due centri, fra il 1376 e il 1378.
 

DEVOZIONE E CULTO

 

La devozione al Miracoloso Crocifisso di Pieve è documentata dal XVI secolo. Nel 1600, si sviluppò pure un culto particolare al Crocifisso, in momenti propri, non collegati alla Settimana Santa o ad altre ricorrenze dell'anno liturgico.

A distanza di alcuni anni l'una dall'altra, per circostanze particolari, gravi o liete, si svolgevano solenni processioni per le vie del Paese con l'immagine del Cristo, con grande apparato barocco di festeggiamenti religiosi e profani. Dalla metà del Settecento, i giorni dedicati al Crocifisso sono fissati stabilmente nei venerdì di marzo e nell'Ottavario di fine ottobre, mentre continuano le feste solenni, per ravvivare la religiosità di Pieve e dintorni.

Dal 1840, la processione  solenne ricorre ogni vent'anni in settembre ed è per questo chiamata: Ventennale del Crocifisso. Cade in concomitanza con l'assegnazione dei capi della Partecipanza, ricorrenza pure ventennale, in cui il Crocifisso viene dotato del "primo capo" e considerato come "primo dei partecipanti".

Nel corso del Novecento, le processioni Ventennali sono state celebrate il 23 settembre 1900, il 19 settembre 1920, il 15 settembre 1940, il 18 settembre 1960 e il 21 settembre 1980.


La devozione al Miracoloso Crocifisso, taumaturgo, si esprime con la visita al Santuario, soprattutto nei venerdì di marzo, con la partecipazione alla Santa Messa e ai Sacramenti, con la preghiera individuale e altre devozioni specifiche del culto del Crocifisso, come la "Via Crucis". E' invocato a distanza per la richiesta di grazie e guarigioni, con preghiere (nei secoli scorsi, anche con l'unzione di gocce d'olio della lampada, o assunzione di fili del velo nero che lo avvolgeva, periodicamente cambiato e distribuito in piccoli frammenti), oppure con promessa di visita al Santuario.

Negli ultimi decenni, il Crocifisso è visibile tutto l'anno, nella sua cappella, entro la teca di ferro battuto e cristallo realizzata nel 1915.

Le grazie ricevute sono documentate da numerose tavolette votive ed altri oggetti ex voto, ora esposti nella sagrestia del Crocifisso. Sono testimoniati miracoli anche nel corso del Novecento.

 

 

RESTAURI

L'immagine del Crocifisso di Pieve è una scultura di legno di noce, nel corso dei secoli più volte ricoperta di vernice e di preparati antitarlo per maggior protezione. All'inizio del XVIII secolo, la schiena del Crocifisso fu rinforzata con una piastra di ferro, unita alla croce da una vite. In occasione della Ventennale del 1960, la scultura fu restaurata dai pievesi Romeo Melloni e Luigi (Dafni) Carletti, con la collaborazione dell'intagliatore centese Dino Bonzagni, che ricostruì in legno il tortiglione di capelli sul lato sinistro del volto, perduto nell'Ottocento. Nel 1976-1977, è stato completato dal prof. Lorenzo Rossi l'approfondito restauro conservativo, che ha riportato il Crocifisso nell'aspetto affascinante delle sue origini. Si è consolidato il legno, molto danneggiato dal tarlo, si sono unite al corpo, con perni in legno e colla, le parti staccate e pericolanti: braccia, piede destro e parte del perizoma; infine, con il bisturi è stata asportata la vernice non originaria, che ricopriva l'antica policromia. Il Crocifisso ora appare di color legno chiaro, ricoperto da una sottile vernice trasparente nel viso e nel corpo, con i capelli dipinti di marrone, con macchie rosse nella piaga del costato e con bordatura verde accostata ad una greca d'oro nell'orlo dell'originale perizoma incrociato, con lembi ricadenti a destra e al centro.


 

A cura del Centro di iniziativa culturale "Padre Edmondo Cavicchi".

Da una idea elaborata dagli alunni della classe III B (1998-1999) della scuola media "A. Gessi" di Pieve di Cento, coordinati dall'insegnante prof.ssa Anna Maria Baldoni.

Foto di Samaritani e Rodondi.

 

Scarica l'opuscolo (2,8 MB)

 


 

IL CROCIFISSO DI PIEVE - ICONOGRAFIA

Tratto da: "Compagnie del 1800 e 1900 e Ventennali del Crocifisso di Pieve di Cento"

 

 

Sebastiano Gamma - Miracoloso Crocifisso di Pieve di Cento

Sec. XVIII - Incisione su rame

 

La rappresentazione di Gesù nel momento del suo sacrificio sulla croce compare raramente nell'arte paleocristiana, anche perché la crocifissione, per i primi cristiani romanizzati, era considerata la pena più vergognosa. Nella decorazione pittorica delle catacombe comparivano frequentemente figure o affreschi d'impronta simbolica, talvolta derivati dalla stessa mitologia pagana, come il mito di Amore e Psiche, o quello di Orfeo, che potevano richiamare il percorso dell'anima del cristiano verso Dio e verso l'immortalità.

Donna velata orante,

nelle Catacombe di Priscilla a Roma

 

Frequentemente erano ripresi modelli iconografici ellenistici, come il pastore con la pecora o l'ariete sulle spalle (mecoforo, o crioforo), l'orante (il fedele con le braccia aperte e lo sguardo al cielo), il pesce (la parola greca icthùs è acrostico di Iesus Christòs Theoù uiòs sotèr: Gesù Cristo figlio di Dio salvatore).

 

Le figure di soggetto cristiano più comuni erano: la Madonna con Bambino, il trionfo di Cristo, figure di santi e di personaggi del Vecchio e Nuovo Testamento. Per la crocifissione, le rappresentazioni antiche più note risalgono alla formella in legno della porta di S. Sabina a Roma (V sec. d.C.), alla miniatura dell'evangelario di Rabbula (586 d.C.), con Gesù ad occhi aperti, vestito di tunica e inchiodato sulla croce, in atteggiamento che ricorda la posa dell'orante.

 

Crocifissione
formella in legno di cipresso, Sec. V
Porta di Santa Sabina, Roma

Crocifissione
Miniatura (anno 586)
Evangeliario siriaco di Rabbula, Firenze

 

La crocifissione nell'arte del periodo romano-barbarico si presenta con orientamenti diversi, restando comunque stabile la sua rarità: nel mondo barbaro è espressa con figurazione ingenua, virtuosistica e schematica, mentre a Roma o nel mondo orientale si conservano le sciolte ed eleganti forme ellenistiche, sempre più tendenti alla fissità ieratica della rappresentazione bizantina. Di questo secondo tipo è la Crocifissione dell'affresco di S. Maria Antiqua (VIII sec. d.C.) a Roma, con Gesù a braccia aperte, vestito di "colobium", la lunga tunica senza maniche dei primi monaci, confitto alla croce da quattro chiodi.

Comunque l'arte cristiana del mondo latino-orientale di quel periodo riporta preferibilmente il Cristo trionfante, benedicente e pantocratore, secondo una rappresentazione iconografia che influenza anche i pochi crocifissi anteriori al Mille giunti fino a noi, espressi con Gesù vivo in atteggiamento composto, generalmente vestito e con occhi aperti.

 

Crocifissione
affresco del VII secolo
Santa Maria Antiqua, Roma
 

Nella scultura, tra i crocifissi ritenuti più antichi si pone il Volto Santo di Lucca (forse dell'VIII secolo), di sicura derivazione orientale, portato in salvo forse nel periodo della legislazione iconoclasta dell'imperatore Leone III, oppure trasferito in Italia dai crociati nell'XI secolo. L'immagine è vestita di tunica manicata, con pieghe simmetriche molto marcate e bordo dorato in cintura e nel lembo inferiore della veste; scanalati sono pure i capelli e la barba. Tiene gli occhi aperti e le labbra chiuse in atteggiamento contenuto, il capo reclinato a destra, le mani confitte alla croce, come pure i piedi, separati. Il Crocifisso come scultura a sé stante, senza gli altri personaggi della Passione, si diffuse in periodo romanico, secondo alcuni modelli iconografici ripetuti in tutta l'Europa: oltre al Cristo vestito, proposto nell'esempio del Volto Santo, apparve quello senza colobium, rappresentato con perizoma, che riproduceva moduli bizantineggianti, oppure il Cristo ancora vivente, con corona sul capo, di derivazione nordica, come quello presente nella cattedrale di S. Pietro a Bologna.


 

Il Volto Santo
duomo di Lucca


Cristo Re tra la Madonna e San Giovanni
Sec. XII - Polittico ligneo
Catedrale San Pietro, Bologna

 

Nel 1100, il Crocifisso fu la rappresentazione pittorica su tavola più comune, soprattutto nell'Italia centrale, in alcuni moduli ricorrenti: il Christus Triumphans di ispirazione bizantina, eretto e con occhi aperti, come il Crocifisso di S. Damiano che parlò a Francesco d'Assisi, e il Christus Patiens (alla fine del secolo), con occhi chiusi, capo reclinato e corpo abbandonato. Di questo tipo più realistico furono i Crocifissi dipinti da Giunta Pisano e Cimabue, in cui il Cristo morto sulla croce presenta il corpo rigido fortemente inclinato, con le mani e i piedi confitti sulla croce da quattro chiodi.

 


Crocifisso di San Damiano
sec. XII - XIII
Chiesa di Santa Chiara, Assisi

 

Fra il XII e il XIII secolo, con il fiorire del gotico, i Crocifissi più artistici furono modellati in modo da acquisire l'espressione naturalistica del morente che esala l'ultimo respiro. Il corpo si irrigidisce per gli spasimi dell'agonia, le palpebre si abbassano, la bocca è socchiusa, contratta in un grido di dolore, i piedi sono sovrapposti e confitti alla croce con un solo chiodo.

 

Nel periodo che volge al Rinascimento, il Crocifisso acquistò sempre maggiore plasticità e naturalezza, secondo la ricerca artistica del rispettivo autore. Come esempi di intendimenti artistici diversi si possono confrontare due crocifissi lignei fiorentini del Quattrocento: il Crocifisso composto e proporzionato del Brunelleschi e quello patetico e sconvolto dalla sofferenza di Donatello.

 


Crocifisso di Donatello
Chiesa di Santa Croce, Firenze


Crocifisso di Filippo Brunelleschi
Santa Maria novella, Firenze

 

 

 Il miracoloso Crocifisso di Pieve di Cento

sul piedistallo ottocentesco

 

Il Crocifisso di Pieve di Cento precede questo periodo artistico, mancando di studio anatomico e di realistica ricerca delle proporzioni. Tuttavia compaiono un accentuato naturalismo e un vivo gusto per la decorazione nel volto e nel tronco, che sembrano scolpiti da mano diversa. Il capo, più artistico, richiama i moduli dell'arte gotica, per le scanalature simmetriche nei capelli, nella barba e nei boccoli tortili ai lati del viso, che formano una cornice raffinata all'espressione realistica del Cristo in agonia, con la bocca semiaperta, le narici dilatate e le palpebre socchiuse.

 

Il Crocifisso di Pieve, particolare del volto

Il Crocifisso di Pieve

Il corpo, invece, appare piuttosto rigido e modellato secondo canoni ancora medievali, volti ad una sincera, ma ingenua ricerca naturalistica, con costole marcate semicircolari, che non si uniscono allo sterno, gambe più corte rispetto alle proporzioni reali, ginocchia leggermente flesse e piedi sovrapposti, confitti con un solo chiodo. Nelle braccia si avverte una forte tensione, sottolineata dalle nervature e dalle vene poste in rilievo. Sul torace, gonfio per lo spasimo respiratorio, e sull'addome, modellato da muscoli più stilizzati che naturali, la luce scorre secondo ritmi molto vicini alla maniera decorativa del gotico. Se non raggiunge in modo convincente l'effetto naturalistico, la scultura del tronco comunque stupisce oltre che per l'imponenza, anche per la raffinatezza e la policromia, evidenti soprattutto nel singolare perizoma aderente ai fianchi, pieghettato, annodato al centro, con bordatura verde accostata ad una greca d'oro nell'orlo.

 

L'intervento di restauro effettuato nel 1976-77 dal prof. Lorenzo Rossi, ha riportato il Crocifisso al colore legno chiaro che doveva avere alle origini, ricoperto di sottile strato di vernice trasparente nel viso e nel corpo, con macchia rossa sul costato a destra e con capelli e barba marrone.

 

 

Tratto da: "Compagnie del 1800 e 1900 e Ventennali del Crocifisso di Pieve di Cento"

Numero unico per la Ventennale dell'Anno Santo 2000.

A cura del Centro di iniziativa culturale padre Edmondo Cavicchi - Parrocchia Pieve di Cento