NUOVA DESTINAZIONE  di Padre Giuseppe Ramponi IMC

(Anno 2005)

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CARI AMICI E SOSTENITORI HO IL PIACERE DI INFORMARVI CHE…

 

Ritornando alla Missione dell’Ecuador dopo la pausa delle vacanze in Italia, parto con una nuova destinazione. La mia sede sarà Guayaquil, grande città costiera. La residenza è la Parrocchia della Consolata nel Bloque 6 de el Fortìn. E’ un avamposto missionario creato da Padre Felice Prinelli nella immensa frontiera della umanità disagiata e precaria, che traduce la realtà sociale altrove conosciuta come "favelas", "bidonville", "villa miseria" ecc. Padre Felice ha fatto fiorire la dignità umana, la educazione e la pastorale attenta e popolare. Dove non c’era assolutamente nulla che meritasse considerazione civile perché il fattore umano era a zero gradi, Padre Felice ha promosso per 8 anni il ricupero totale di una umanità ammalata di miseria e disperazione. E’ l’ambiente, il contesto dove arriverò per dare avvio a un lavoro nuovo, ancora da inventare e ordinare. Dico ipotesi di lavoro perché non ci sono manuali e testi da cui partire.

Lascio la Parrocchia di Licto dove ho lavorato per quasi 19 anni. Era il 18 febbraio del 1987 e il giorno prima avevo compiuto 47 anni con abbastanza entusiasmo da sognare di scrivere diritto anche se le righe mi apparivano storte da tutte le parti. Differente era la visione e lo stile e il criterio che conoscevo e praticavo.

Certamente mai avrei immaginato di dover lottare e andare contro venti e maree, sempre controcorrente. Ma ero convinto che prima veniva l’uomo e subito dopo l’uomo indio povero e sfruttato.

Adesso nel Convento di Licto entrano trionfatori i meticci finalmente orgogliosi di poter stare dove prima erano ammessi solo gli indios. Non è vero perché io aprivo a tutti ma con certe regole di rispetto per i più poveri e emarginati che erano proprio gli indios. La mia preferenza anche senza trascurare nessuno era spudoratamente per gli indigeni che avevano sofferto angherie inenarrabili per troppi secoli.

Adesso i meticci sono contenti solo perché gli indios non hanno più un padrecito che gli voglia bene e li coccolasse come faceva padre Josè. Purtroppo gli indios adesso rimangono fuori e come una volta prima che arrivasse Padre Josè, non osano più entrare nella casa del prete, dove li guarderebbero con disprezzo e astio. Si ritireranno nei loro villaggi e ricorderanno che quelli sì erano i tempi belli (those were the times..)

Comunque nessuno ritorna indietro e quello che hanno imparato non si dimentica e la testa rimane alzata e chiederà: Perché?, Chi lo dice? quando cercheranno di vendergli gatto per lepre o come diciamo noi fargli vedere lucciole per lanterne. Adesso sanno che la dignità e l’educazione è un bene che non si compra e non si vende e l’organizzazione è uno strumento per far valere i diritti della maggioranza.

Adesso il padrecito per andare a celebrare la Messa nei villaggi vuole 30 dollari: dieci per la macchina e 20 per il disturbo. Cosa consacrerà il vino o il sangue degli indios? il pane o l’amarezza della usurpazione?

Non torno più a Licto ma accompagnerò gli indios nella emigrazione a Guayaquil, nella loro mobilità.

A Guayaquil ce ne sono centinaia di migliaia. Moltissimi vengono dalle mie parrocchie di Punìn, Flores e Licto. Li ho visti quando partivano con il cuore triste per andare a cercare lavoro e i soldi necessari per finanziare le molteplici quote economiche della vita nella modernità. I villaggi quasi rimanevano deserti e sentivo che bisognava fare qualcosa. Di qui l’ipotesi del mio lavoro. Vorrei aiutare gli indios "migrantes" pastoralmente, stile attenzione integrale: fede e cultura, chiesa e organizzazione, educazione e memoria.

I programmi di Licto, quelli che sostenevo con l’appoggio dei benefattori e con il Progetto "bimbi a scuola" continuano. I catechisti che mi hanno accompagnato e che sono stati gregari fedeli e responsabili hanno formato una organizzazione indigena. Così il progetto delle adozioni a distanza non verrà sospeso ma entrerà in una gestione locale sotto la mia responsabilità. Guayaquil non è lontano ed è raggiungibile.

Se gli indios riescono a gestire e casa e lavoro lontano non potrò riuscirci anch’io?

Anche il progetto dei bimbi speciali continua. In quasi 19 anni ho preparato varie persone che sono preziosi collaboratori capaci e efficienti. Adesso durante le mie vacanze i miei progetti vanno avanti proprio per la gestione dei collaboratori locali e il Padrecito né vede né mette dito. Ma il responsabile mi informa settimanalmente per e-mail. A Guayaquil il primo passo sarà una diagnosi della situazione per vedere dove lavorano e dove vivono. Allo stesso tempo faremo un censimento per avere quantità e qualità registrate sinceramente. Poi avvierò il progetto vero e proprio: creare missioni indigene secondo le nazionalità e i luoghi di origine. Così avremo vari centri, piccoli ma funzionali per diventare luogo di riunione dove incontrarsi, dialogare e studiare assieme il da farsi. Vogliamo prima di tutto salvare la fede e la cultura e poi incamminare anche un processo educativo e formativo. Abbiamo esempi ben riusciti e collaudati: i "bambini a scuola" e "cercare casa per i bambini speciali".

Da quando cominciai la Missione in Ecuador sono passati quasi 19 anni. Adesso ho 65 anni e posso mettere i miei obiettivi non tanto distanti. Ma l’astuzia è più grande e la malizia pure e la fede molto più solida e la volontà molto meno fragile.

Dio mi vuole bene. Se anche voi continuerete ad appoggiarmi certamente, lavorando assieme, Dio, voi e questo povero missionario riusciremo senza dubbio e senza timore.

 

Padre Giuseppe Ramponi

COOPERAZIONE MISSIONARIA

MISSIONI CONSOLATA

Corso Ferrucci 14 – 10138  TORINO

Tel. 011-4400400

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